Prendendo spunto da un articolo di Marina Corradi apparso su Tempi, ho notato che una mia vecchia considerazione, giudicata errata, ha in realtà molte altre persone d'accordo.
Parlo del famoso quadro del Caravaggio presente all'interno della Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, meravigliosa opera veduta dal vivo almeno in un paio di occasioni, ma osservata più e più volte sui libri.
Non ho mai letto a riguardo le considerazione dei critici d'arte e degli esperti sul dipinto in questione, mi sono sempre lasciato andare ad osservazioni personali, contemplando i meravigliosi chiaroscuri, l'atmosfera e quel raggio di luce obliquo che parte da dietro l'immagine del Salvatore con il braccio alzato che punta il dito, fino ad illuminare il futuro santo apostolo Matteo. Egli è seduto al tavolo come ultima figura umana della composizione sulla sinistra del dipinto, intento a contare le monete in qualità di esattore delle tasse, categoria odiata dal popolo.
Il Vangelo di Matteo dice: [9]Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
E' proverbiale l'asciuttezza dei Vangeli, e questo ne è un esempio lampante. Esso va subito al sodo della questione senza giri di parole. Allo stesso tempo c'è un abisso di profondità in poche righe scritte.
Caravaggio trasmette questa chiamata con una pienezza che incanta e commuove allo stesso tempo.
Mesi addietro proprio dentro la Chiesa ho letto un opuscolo sull'opera e ho scoperto che Matteo non è il giovane a capo chino sulle monete ma l'anziano al suo fianco che addita se stesso come a dire "Sono io colui che chiami?".
Un lieve stupore mi ha invaso, come se fossi stato defraudato di una bella idea.
Riguardando l'opera con l'occhio del critico e non più con il mio, sono cambiate le carte in tavola. Il giovane non è più l'apostolo che scriverà il suo Vangelo ma solo un accessorio umano in funzione del vero Matteo lì accanto a lui.
Marina Corradi nel suo articolo, amabilmente afferma che non ci sta, e io condivido la sua idea. Matteo non può essere altri che il giovane, e i motivi sono molteplici.
Anzi tutto va considerato che una delle caratteristiche di Caravaggio è di riuscire a "catturare" una azione nel suo svolgimento, come un fotografo fuori epoca. Il Cristo sta indicando il suo apostolo e il "mio" Matteo è ancora avvinto alla sua vecchia vita di esattore e pubblicano. La luce dello Spirito sta per lambirlo, di lì a poco si accorgerà della chiamata, alzerà gli occhi e seguirà il Maestro senza un fiato.
Se la chiamata è "in atto" non è detto che non possa allora passare qualche secondo prima della risposta.
La presenza delle monete accentua maggiormente l'identità di esattore; l'anziano presunto Matteo della critica è vero che punta il dito verso se stesso, ma la prospettiva potrebbe ingannare e dunque indicare il ragazzo invece.
Tanti aspetti giocano a favore suo, il sentire popolare ha già dato il suo verdetto, persino Papa Francesco ha sempre creduto nel "giovane" Matteo.

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